Stress e scienza (part. 1)

Sono due gli studiosi che hanno iniziato a descrivere quella condizione che nel bene e nel male sperimentiamo tutti: lo stress. I loro contributi sono stati fondamentali per capirne i meccanismi naturali sottostanti.
Il primo fu il fisiologo americano Walter Cannon che nel 1929 introdusse il concetto di reazione di attacco o fuga (flight or fly), il secondo fu il medico austriaco Hans Selye nel 1936, con la definizione di quelle che ha  Sindrome Generale di Adattamento (SGA).

Walter Cannon e le reazioni di attacco e fuga

Walter Cannon studiò e descrisse quella che è nota con il nome di “flight or fight reaction” (reazione di attacco o fuga): uno stato di sovraeccitazione innescato dal sistema nervoso autonomo in seguito alla rilevazione di un pericolo nell’ambiente circostante. Questa reazione di allarme è comune a uomini e animali e ha un forte valore evolutivo, poiché permette al soggetto di attivare una serie di risorse vitali in situazioni di pericolo.

Cannon ha il merito di aver introdotto il termine stress, utilizzandolo per descrivere le reazioni del corpo a specifici agenti nocivi, come il freddo o la mancanza di ossigeno. 
La reazione di attacco e fuga indica la prima risposta che l’organismo mette in atto di fronte ad una condizione di pericolo.
Per spiegarci meglio, la percezione, per lo più inconsapevole, di una minaccia, comporta una valutazione rapida e innata della stessa, che ha come immediata conseguenza l’attivazione del sistema nervoso autonomo, chiamato così perché gestisce funzioni fuori dalla nostra volontà (es. frequenza cardiaca, pressione arteriosa, digestione), che a sua volta innesca una comportamento atto a fronteggiare con la fuga o con l’attacco la condizione di pericolo percepita. 
Il sistema nervoso autonomo rilascia nel sangue sostanze come ad esempio adrenalina, noradrenalina e cortisolo, che causano una serie di cambiamenti nel corpo, come:

– Il battito cardiaco accelera;
– I muscoli si tendono;
– Aumenta la frequenza respiratoria;
– La digestione si blocca;
– Il sangue si concentra sui muscoli degli arti per rendere il soggetto pronto a scappare o a combattere;
– La percezione del dolore diminuisce;
– Le pupille si dilatano;
– La vista si acuisce e aumenta la nostra attenzione e concentrazione all’ambiente circostante alla ricerca del pericolo.

Tale condizione ha lo scopo di garantire la nostra sopravvivenza e ci permette di andare al di là dei nostri limiti, ma se la reazione di attacco e fuga viene protratta nel tempo o se si attiva più volte a seguito di condizioni non pericolose, può risultare dannosa.

Nel prossimo Post vi racconterò di Hans Selye e la  Sindrome Generale di Adattamento.

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